Latte: le multinazionali non fanno prigionieri

La multinazionale del latte irlandese, la GLANBIA [1], invita i produttori irlandesi a “tenere duro ancora per 6 mesi” – accettando prezzi non remunerativi – giusto il tempo che i concorrenti europei spariscano, cioè che ancora migliaia di stalle vengano chiuse.

Il commissario europeo all’agricoltura – l’irlandese ultraliberista Phil Hogan – si prende tempo per proporre misure effettive per affrontare la catastrofe che si è abbattuta sui produttori di latte, in particolare quelli che si trovano in fondo alla scala con stalle piccole e medie (ma non solo), dopo la cancellazione delle quote.

Grazie alla memoria storica e l’attenzione di Gerard Choplin, ripubblichiamo i documenti del seminario della  Coordination Paysanne européenne del 1986 su « Contadini europei : competitori o alleati»

[1] Fondata nel 1997, sede in Kilkenny, Irlanda. Revenue: € 2,538.4 million (2014)[ Operating income

€ 186.1 million (2014). Occupa 5.200 persone

https://en.wikipedia.org/wiki/Glanbia

 

TRADUZIONE DEL DOCUMENTO

COORDINATION PAYSANNE EUROPEENNE

Riunione  dei contadini europei, 4-5 Dicembre 1986

COMUNICATO STAMPA

LE CONSEQUENZE NEFASTE DELLE ATTUALI POLITICHE AGRICOLE IN EUROPA

  1. Esiste un doppio processo di concentrazione e di monopolizzazione della produzione, più evidente in certe regioni rispetto ad altre. All’interno di una stessa regione si assiste ad una concentrazione della produzione nelle mani di poche aziende specializzate e molto intensive. Ne consegue un forte aumento della disparità nella regione e tra gli stessti agricoltori della regione. Tutto questo si traduce in una perdita di lavoro significativa nel settore agricolo e contribuisce ad una marginalizzazione economica di alcune zone rurali, come anche l’indebolimento di altri, a causa della specializzazione.
  2. Un accumulazione di capitali forzata, soprattutto negli allevamenti intensivi che porta ad un debito significativo, e che rende difficile la ripresa dei più giovani allevatori e inoltre crea una dipendenza molto forte agli istituti finanziarie.
  3. Sotto la pressione del modello produttivista, si è sviluppata un’agricoltura sempre più costosa e dipendente da importazioni di prodotti alimentari provenienti da paesi del Terzo Mondo, a scapito della loro auto-sussistenza.
  4. L’impatto di questo modello sull’ambiente è preoccupante. Mentre la campagna si sta spopolando in certe aree con conseguenze costose, assistiamo ad una proliferazione di problemi nelle aree sottoposte a produzione iperconcentrata.
  5. Le eccedenze di produzione sono ormai strutturali. Non trovando alcuna possibilità reale di vendita, o vengono distrutte o sono vendute sul mercato mondiale, ma così facendo, vengono smantellati i meccanismi di prezzo garantito.
  6. Le aziende agroalimentari richiedono ai produttori un deterioramento delle loro condizioni di lavoro e ai consumatori un abbassamento della qualità dei prodotti acquistati.
  7. Infine, se la politica agricola permette ai consumatori di beneficiare di un prezzo d’acquisto relativamente basso, loro lo pagano indirettamente attraverso le tasse, i costi sociali, i costi ambientali e i costi di supporto del mercato di tale politica.
  8. La responsabilità di questa situazione è da ricercare nelle lobby che influenzano la politica agricola: le industrie agro-alimentari, le banche con la complicità dei governi e delle organizzazioni agricole tradizionali. Questo scenario si applica alle politiche agricole condotte in Europa, e non solamente nella CEE.

Devono quindi  essere fatti passi in avanti in direzione di una nuova politica agricola:

  • Prezzi differenziati che riflettano le condizioni di produzione di ciascuna regione.
  • Prezzi più elevati garantiti per i produttori, limitati ad un certo volume di produzione, anche per le produzioni mediterranee.
  • Meccanismi di controllo e la distribuzione della produzione.
  • Per quanto riguarda la politica lattiero-casearia, chiediamo più precisamente:
    • Ottenere un prezzo garantito ai produttori, piuttosto che ai caseifici.
    • Un attribuzione di terre libere per piccoli e medie agricoltori.
    • Uno sforzo maggiore per abbassare la produzione delle grandi aziende a basso impiego di manodopera.
    • La rimozione immediata del prelievo di corresponsabilità.
    • Divieto di introduzione di un mercato di quote, le quali non dovrebbero essere di proprietà del produttore.
  • Questa politica dovrebbe inoltre favorire l’utilizzo di tutte le potenzialità della natura, mantenendo le piccole strutture di trasformazione e sostenere altre forme di commercializzazione. In modo da tener conto dell’attuale situazione di ciascuna regione devono essere adottate misure transitorie.
  • Questi dispositivi economici devono essere sostenuti e accompagnati da un lavoro di formazione per i contadini e per i giovani che vogliono diventarlo. La donna nella fattoria di famiglia deve essere riconosciuta come una lavoratrice a tutti gli effetti, in quanto svolge questa funzione effettivamente.
  • Per facilitare la ripresa degli interventi dei giovani, questo sistema deve essere completato con:
    • Un aiuto alla ripresa che limiti il debito.
    • Una organizzazione per la ridistribuzione delle terre (definizione di un diritto di utilizzo prioritario sui diritti di proprietà).
    • Migliorare la sicurezza impostando i contratti d’affitto a lungo termini.
    • Riservare il diritto di produrre equivalenti alle aziende di medie dimensioni entro la quota di produzione.

Una politica comune futura deve tener conto allo stesso modo degli interessi  dei paesi che non sono membri, soprattutto quelli neutrali, in particolare quegli stati che partecipano in modo molto efficace ad una politica di pace.