Di Antonio Onorati
Destino strano e inaccettabile. La città di Roma, la cui “grandezza” per millenni è dipesa anche dalla sua ampia cintura agricola e dalle terre coltivate che ne garantivano un permanente approvvigionamento di prodotti alimentari freschi, in epoche più recenti ha sviluppato quasi un odio razzista per la sua campagna. La campagna romana (l’Agro come tutti lo conoscono) è diventata terra di conquista da colonizzare con ogni tipo di attività purché non sia agricola.
Il processo di consumo del suolo agricolo è iniziato massicciamente con Roma Capitale (1870) ed è esploso nel secondo dopoguerra con il “boom edilizio”. Poi il fenomeno continua ininterrottamente anche nei decenni recenti. All’unità d’Italia, l’Agro Romano si estendeva per oltre 250.000 ettari. Dopo le grandi bonifiche e la riforma agraria (1950) la superficie agricola era ancora vastissima, poi comincia a ridursi rapidamente per far posto ai nuovi quartieri (EUR, Tuscolano, Prenestino, etc.).
Nel 1970 Italo Insolera, nel suo libro-riferimento “Roma Moderna”1 , stimò che tra il 1950 e il 1970 erano scomparsi 37.000 ettari di campagna romana, divorati dall’urbanizzazione. Tra gli anni 2000-2023 diverse stime concordano su una perdita di altri 20.000 ettari di Agro, di cui gran parte nella città metropolitana di Roma. Una stima affidabile della SAU della città metropolitana (CCAI, ISTAT) la colloca oggi attorno ai 30.000-32.000 ettari, i precedenti censimenti agricoli, per il solo Comune di Roma, davamo circa 50.000 ettari di SAU. Questo significa che rispetto all’unità d’Italia, Roma ha perso oltre l’80% della sua originaria superficie agricola.
Dati ARPA Lazio e Carta della Natura mostrano come la “cintura” di terra agricola che circonda la città sia sempre più frammentata, assediata da: lottizzazioni, capannoni logistici, centri commerciali. Il Grande Raccordo Anulare (GRA) ha agito da potente motore di consumo del suolo, attirando attività lungo i suoi assi. Anche se oggi molto ridotto rispetto al passato, l’abusivismo di ogni tipo ha contribuito al fenomeno. Le ultime tendenze mostrano come l’assalto alle terre agricole – che non si ferma – veda altre finalità. Non più espansione residenziale, ma logistica e commerciale: la grande pressione oggi non viene dalla costruzione di nuovi quartieri, ma dall’insediamento di piattaforme logistiche, centri di distribuzione e data center che richiedono grandi superfici piane e ben collegate, trovandole proprio nelle ultime aree agricole periurbane, cioè nelle terre più fertili.
Un problema enorme è la frammentazione fondiaria e l’abbandono delle terre marginali, che pur non essendo “consumate” dal cemento, perdono la loro funzione agricola e ecologica trasformando in modo spesso irreversibile il paesaggio storico della campagna romana e di chi ci vive. Questo degrado è documentato dagli incendi che si ripetono ormai ogni anno proprio in queste zone. Quelli del 2025 sono stati particolarmente vasti e pericolosi.