Proponiamo questo scambio di corrispondenza tra contadini attivi nella battaglia alla sovranità alimentare, contro chi vuole impadronirsi delle sementi contadine. Pensiamo possa essere un contributo essenziale per capire in che modo le industrie sementiere stanno cercando di mettere le mani, una volta per tutte, sulla base dell’alimentazione mondiale: le sementi contadine.
Buona lettura!
Buongiorno Guy[1],
In una tua intervista, ho sentito che hai parlato della “questione dell’informazione genetica”. Ma cosa si intende quando si parla di informazione genetica? E perché è tanto importante per i movimenti contadini?
Un abbraccio, a presto
Marciano[2]
Buongiorno Marciano,
Che cosa si intende per “informazione genetica?
Per pianificare la costruzione di una casa non si ha bisogno materialmente della casa in sé – come le pareti o le porte – ma si ha bisogno delle informazioni dematerializzate – le quali possono essere inviate via internet – che permettono di costruire la casa se si dispone dei beni materiali necessari – come un terreno, dei mattoni o la calce.
Il codice genetico è un’informazione genetica dematerializzata. Può essere, infatti, inviata via internet ovunque nel mondo. Al contrario, l’insieme delle molecole di acido nucleico che costituiscono la sostanza chimica materiale di un gene o di una proteina, non possono essere trasmesse via internet. Poiché questo gene, o questa proteina, sono legati ad una determinata caratteristica particolare (tratto) – come per esempio la resistenza agli erbicidi – la protezione del brevetto su questa informazione genetica, si estende a tutte le piante che contengono questo gene o questa proteina, e che esprimono questo carattere particolare.
Per alcuni brevetti, l’industria sementiera non descrive nessun codice genetico, ma unicamente un carattere particolare (la resistenza ad un insetto o ad un erbicida sono degli esempi), il quale può essere espressione di diverse piante. Questa informazione diventa “un’informazione genetica” fintanto che questo carattere viene ereditato. Queste informazioni genetiche dematerializzate non corrispondono alla pianta fisica in se – la quale, ovviamente, non può essere inviata via internet. La questione riguarda la protezione del brevetto su queste informazioni dematerializzate: la protezione si estende a tutte le piante che esprimono questo carattere.
Per ottenere la brevettabilità di un gene o di un carattere particolare, devono essere considerati “nuovi”. Nelle regolamentazioni che seguono i brevetti, per “nuovo” non si intende qualcosa che non sia mai esistito, ma qualcosa che non sia mai stato fatto conoscere al pubblico attraverso un brevetto, un catalogo commerciale o una pubblicazione scientifica. Secondo queste regole, un sapere tradizionale che è stato passato oralmente di generazione in generazione, e non è mai stato diffuso attraverso pubblicazioni scientifiche, viene considerato brevettabile, perché ancora non esistente. Se un contadino dice ad un ricercatore che il suo mais è resistente ad un particolare insetto, al quale altri mais non resistono, il ricercatore “disonesto” non pubblicherà mai un articolo scientifico descrivendo le informazioni che gli sono state fornite dal contadino. Al contrario, il ricercatore può descrivere un pezzo di codice genetico legato a quel carattere, affermando di avere inventato un procedimento sofisticato innovativo per l’introduzione di questo carattere “nuovo” in una varietà di mais. Successivamente, potrà depositare un brevetto per tutte le varietà di mais che esprimono quel carattere, compresa quella del contadino che ha fornito le informazioni iniziali. A questo punto, il contadino non potrà più opporsi al brevetto, perché non avrà nessuna prova tangibile per dichiarare che il suo mais resiste a quel particolare insetto da molto tempo.
Questo è ciò che viene chiamata “biopirateria”, cioè un brevetto su un gene “nativo” o di una pianta “nativa”.
Un abbraccio,
Guy
Grazie mille della risposta Guy.
Per le industrie e i “ricercatori” finanziati dalle stesse industrie, il brevetto non potrebbe funzionare in altro modo.
Credo sia necessario avere una conoscenza approfondita della genetica, dello sviluppo delle regolamentazioni e delle strategie delle industrie, delle imprese e dei ricercatori legati a queste. In alcuni Paesi, credo sia necessario cercare l’appoggio di ricercatori “amici”. Perché la battaglia non è solo nell’ambito del commercio e nei tribunali, ma anche dentro l’università.
Un abbraccio,
Marciano.
Buongiorno Guy,
Grazie. La tua spiegazione è limpida. Se le università parlassero come hai appena fatto te, la scienza giocherebbe il suo ruolo diversamente: far indietreggiare la frontiera dell’ignoranza e sviluppare lo spirito critico tra i cittadini del mondo in modo da abbandonare qualsiasi dogma che sia scientifico, politico, culturale, religioso…
Il tuo discorso è strettamente legato al DivSeek[3], che si presenta come l’agnello sacro venuto al mondo per rendere la produzione agricola e l’alimentazione sostenibili, accessibili all’umanità. Tutto ciò che tu hai spiegato è evidentemente nascosto, e si capisce il perché.
A presto.
[1] Guy Kastler (Confédération Paysanne – Francia) è uno dei coordinatori del gruppo di lavoro IPC sulla biodiversità agricola; ed è anche il coordinatore del gruppo di lavoro sementi de La Via Campesina.
[2] Marciano da Silva (Movimento dos Pequenos Agricultores – Brasile) è uno dei coordinatori del gruppo di lavoro IPC sulla biodiversità agricola; ed è anche il coordinatore del gruppo di lavoro sementi de La Via Campesina.
[3] Per maggiori informazioni su DivSeek, vedere il comunicato stampa di Confederation Paysanne pubblicato sul sito di Crocevia.