CONTADINO INVISIBILE – DICEMBRE 2016
Antonio Onorati
A leggere i giornali italiani di questi giorni si ottiene un perfetto spaccato del profilo politico di questo paese. Quando il grande capitale si muove, l’ossequio al mercato è d’obbligo anche se la storia del MPS dovrebbe aver portato elementi di comprensione su come funziona “il mercato” e su come questo non è la soluzione.
A noi che stiamo ancora seminando grazie a questi giorni di buon tempo – forse non abbastanza freddo (ho visto merli con la paglia in bocca e fagiani che hanno cominciato a fare le uova con 3 mesi di anticipo) – le storie della Borsa italiani comunque ci colpiscono più di quanto sembrano interessare i grandi giornali italiani. Il più importante di questi non trova di meglio che scrivere “…C’è ancora una puntata francese a scaldare piazza Affari…”
(http://www.repubblica.it/economia/2016/12/27/news/borsa_27_dicembre_2016-154920507/).
La questione fondamentale sembra ancora essere quella che chi compra è “francese” e chi vende è “italiano”. Come se per imprese a carattere multinazionale queste definizioni avessero un qualunque senso. Certo, al contrario, si dice molto, moltissimo, tanto che il governo italiano se ne occupa ed esprime preoccupazione per il passaggio in mano “straniere” delle imprese di comunicazione di un capo di partito, ex primo ministro e padrone di una fette importante dell’immaginario di questo paese. Imprese di comunicazione che di certo occupano molte persone ma che pur producendo montagne di soldi producono poca ricchezza materiale e pochissima occupazione. Imprese che producono consenso o dissenso ma pochi beni che hanno a che vedere con il benessere degli italiani, in particolare quei milioni che continuano a giacere sotto la soglia della povertà.
Se Lactalis avesse lanciato la scalata – anzi un OPA totalitaria – a Mediaset, forse, il governo italiano si sarebbe accorto che in agricoltura e nell’agroindustria detta “nazionale” succedevano e succedono dei fatti di cui bisognerebbe occuparsi. “Il settore agricolo, nel 2013, ha occupato 992 mila unità di lavoro (Ula), con una produzione di 43,9 miliardi di euro e un valore aggiunto di 24,9 miliardi di euro (+4,9 per cento rispetto al 2012) Le aziende che praticano l’allevamento sono il 12,9 per cento del totale” (ISTAT, 29 dicembre 2016).
Ci sono ancora più di 40.000 aziende che producono latte vaccino con oltre un milione e mezzo di vacche e almeno 80.00 occupati. Gli allevamenti da latte sono, tra le aziende agricole, quelli più massacrati dalla liberalizzazione dei mercati, dalla fine delle quote latte e da una pervicace strategia portata avanti dalle politiche pubbliche per spianare la strada allo “sviluppo” delle industrie lattiero casearie, grazie a costi decrescenti della materia prima, il latte. Come mostra la tabella che segue:
A dicembre 2016 il prezzo del latte alla stalla, in Lombardia, era 0, 30€ al chilo. Era 0, 29€ a settembre. Il costo di produzione alla stalla è tra 38 e 40 centesimi al chilo! Al consumo, il prezzo medio nel 2016 a Milano era 1,45€/litro. Cioè quasi cinque volte il prezzo pagato all’allevatore. Un bell’affare. IL 2016 ha visto una durissima crisi degli allevamenti in tutta Europa che si è conclusa con qualche spicciolo promesso agli allevatori, un’accresciuta offerta di carne dovuta all’incremento delle macellazioni di vacche da latte ed un bel impegno della UE e di alcuni stati membri tra cui l’Italia – in termini di centinaia di milioni di euro – per sostenere “…lo sforzo necessario a penetrare nuovi mercati per le esportazioni…” da parte delle imprese della carne e dei prodotti lattiero caseari.
E’ in questo contesto che Lactalis ha costruito un impero sulla produzione e vendita di prodotti lattierocaseari, fino ad essere la prima impresa mondiale del settore. Una logica di acquisizioni fatta di norma fuori della borsa, basata sulla volontà di far crescere il proprio potere di mercato fino a diventare – come il caso dell’Italia e dell’OPA su Parmalat – di fatto monopolista in gran parte del comparto. (http://www.lactalis.fr/). Interessante notare che Lactalis si compra tutta la Parmalat per toglierla dal mercato borsistico “…, avec pour objectif, le retrait de la cotation. Après plus de cinq ans aux commandes de la société, le Groupe souhaite lui donner une nouvelle dynamique qui pourrait être plus facilement et plus efficacement atteinte sur le long terme sans faire appel au marché actions ..” (CS di Lactalis, 27 dic 2016). Strani capitalisti: inneggiano al mercato ma fanno di tutto per starne fuori. E la storia è doppiamente interessante. Parmalat, impresa multinazionale del settore con un padrone “italiano” (la famiglia Tanzi) si allarga – a suo tempo – sul pianeta, compra imprese in molti paesi, spesso le chiude per crearne di più grandi a marchio Parmalat e fa fallire molte cooperative di allevatori (Canda, Brasile, Portogallo, etc). Viene portata alla bancarotta dalla proprietà (dove sarà finito il tesoro Parmalat, ammesso che ce ne fosse uno?) ma poi risanata con un commissariamento (con quanti soldi pubblici investiti?), riportata in borsa e messa in vendita a prezzi di realizzo. Un signore “francese”, che già aveva a sua disposizione circa 70.000 punti vendita in Italia (ma nessuno se ne era accorto) in cui commerciava i marchi italiani che aveva precedentemente acquisito, si compra l’87, 74% delle azioni. Oggi decide di “…comprarsi la totalità delle azioni..” per meglio integrare le strategia della Parmalat in quelle globali di Lactalis. Cioè accrescere ulteriormente il suo potere di mercato.
Il punto, quindi non è la nazionalità del proprietario ma il peso dei monopoli sull’intera società, in particolare sugli allevatori, veri produttori di ricchezza, e sui consumatori che niente possono decidere sulla qualità ed il prezzo dei prodotti che consumano. Ma i proprietari di Lactalis non hanno televisioni né un proprio partito con cui fare alleanze, quindi non sono un problema nazionale. Perché in Italia l’agricoltura continua a non essere un problema del Paese che si accontenta di riempire le televisioni di cuochi. Per questo avremmo trovato più consono che l’OPA Lactalis invece che su Parmalat fosse stata lanciata su Mediaset.
E al mio vicino con 50 vacche ed a tutti gli allevatori che cercano di sopravvivere resta a disposizione, forse, solo la famosa citazione di Luis Riel (22 ottobre 1884 – 16 novembre 1885), mitico capo dei Meticci che si battevano contro l’impero inglese in Canada che – un attimo prima che fosse eseguita la sua condanna a morte ed il cappio si stringesse intorno al collo – disse al prete che lo assisteva “Courage mon père” (Coraggio, padre). Mi verrebbe da proporre la stessa frase al nostro ministro dell’agricoltura.