Verso il prossimo Quadro globale per la biodiversità: la sessione informale del SBSTTA

Dal 17 al 26 febbraio del 2021 si è tenuta, in modalità on-line, la sessione informale in preparazione del ventiquattresimo meeting del Subsidiary Body on Scientific, Technical and Technological Advice (SBSTTA). Il SBSTTA è un organo sussidiario della Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione sulla Biodiversità (CBD) e le sue funzioni includono il fornire valutazioni dello stato della biodiversità e sulle misure adottate dalle Parti in conformità con le disposizioni e i tre obiettivi della Convenzione. La sessione informale non ha rappresentato un momento di negoziazione o decisionale per le Parti, infatti lo scopo del meeting era consentire alle Parti e agli stakeholder presenti nel ruolo di Osservatori con diritto di intervento di prendere dimestichezza e conoscenza delle modalità, della documentazione e del processo ora in corso e che culminerà con la quindicesima riunione della Conferenza delle Parti (COP 15) della CBD e l’approvazione del quadro globale della biodiversità posteriore al 2020 (Post-2020 Global Biodiversity Framework – GBF).

Il quadro globale della biodiversità è stato tra i temi centrali del meeting ed ha visto una forte partecipazione di tutte le Parti e gli Osservatori; alcune Parti, tra cui l’Italia, hanno evidenziato l’importanza di considerare non solo i fattori diretti che causano erosione della biodiversità ma anche quelli indiretti, dando rilevanza agli obiettivi sociali raggiungibili attraverso l’implementazione del quadro globale che, a seguito della diffusione della pandemia, non sono più ignorabili; è stato inoltre posto in risalto il ruolo che le soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions – NBS) avrebbero nel raggiungimento degli obiettivi del Quadro Globale e della Visione 2050, “Vivere in armonia con la natura”.

In realtà, le NBS sono ad oggi un concetto non definito nei suoi contorni e che può quindi abbracciare anche diverse pratiche tutt’altro che sostenibili come le biotecnologie e, in particolare, il c.d. mercato del carbonio, politica ambientale fondata sul falso mito che la quantità di carbonio sequestrabile dalla natura possa compensare e quindi giustificare il continuo utilizzo dei combustibili fossili. La realtà e che le compensazioni non riducono la concentrazione complessiva di anidride carbonica nell’atmosfera ma, nel migliore dei casi, si limitano all’annullamento delle emissioni nette. Non a caso le NBS sono fortemente incentivate e supportate dal settore privato, in particolare dalle società di combustibili fossili e dall’industria agroalimentare.[1]

Il sistema alimentare industriale e le industrie estrattive sono tra le principali cause del cambiamento climatico, dell’erosione della biodiversità e della continua distruzione degli ecosistemi. Le Parti delle Convenzione dovrebbero impegnarsi in una transizione globale indirizzata all’implementazione di sistemi di produzione alimentare diversificati e indirizzati all’agroecologia piuttosto che concentrarsi su attività che non sono né “naturali”, né delle effettive “soluzioni” dato che non risolvono il problema ma, nelle migliori delle ipotesi, lo limitano.

Anche la discussione relativa alla biologia sintetica è stata molto partecipata. Diverse Parti continuano ad identificare nelle biotecnologie una soluzione valida per la tutela della biodiversità. L’International Planning Committee (IPC) for Food Sovereignty durante il suo intervento ha ricordato che “…il potenziale danno socio-economico derivante dalla sostituzione di prodotti naturali con prodotti generati dalla biologia sintetica dovrebbe essere una priorità della CBD e delle Parti, in quanto dovrebbero garantire i diritti degli agricoltori a proteggere la biodiversità che gestiscono. Una produzione basata su tecniche di biologia sintetica trasformerà i contadini in utenti di servizi, senza la possibilità di conservare, preservare e far crescere la biodiversità in modo accessibile: la produzione sarà guidata da imprese che possiedono le tecnologie.”

L’IPC ha inoltre sostenuto, insieme a diverse ONG anch’esse presenti nel ruolo di osservatori al meeting, la richiesta di una moratoria globale sul rilascio di organismi geneticamente modificati nell’ambiente, comprese le c.d. “emissioni sperimentali”.

L’attuale sistema di produzione alimentare industriale e le industrie estrattive sono le cause principali del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e della distruzione degli ecosistemi. È quindi urgente una transizione verso sistemi di produzione alimentare più diversificati e sostenibili, improntati all’agroecologia, e un rapido allontanamento dalle industrie insostenibili di energia, produzione e trasporto. E’ inoltre necessario fissare obiettivi che aumentino costantemente le aree controllate e gestite in autonomia dalle popolazioni indigene e dai produttori di alimenti di piccola scala, unica soluzione per invertire la grave perdita di biodiversità che il mondo sta attualmente vivendo. L’agricoltura industriale e le dannose attività che la contraddistinguono, come la deforestazione e la coltivazione di monocolture per l’alimentazione del bestiame, l’uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti intensivi e di fitofarmaci chimici sulle colture devono essere oggetto di una forte azione da parte dei governi diretta all’implementazione e diffusione di soluzioni agroecologiche che sostengano la biodiversità in tutte le sue forme e a tutti i livelli.


[1] Third Word Network, African Center for Biodiversity, “Nature-based solutions or nature-based seductions? Unpacking the dangerous myth that nature-based solutions can sufficiently mitigate climate change”, settembre 2020.