In seguito alla Brexit, all’elezione di Donald Trump, alla crescita dell’estrema destra in Europa e all’intensificarsi delle migrazioni, è necessario rinforzare la cooperazione fra i Paesi e fra le loro popolazioni. L’umanità, oggi, è obbligata a risolvere problemi in maniera congiunta: le guerre, il cambiamento climatico, l’esaurimento delle risorse naturali, la povertà diffusa, la fame, la malnutrizione, o la crescita delle diseguaglianze sono tutti problemi che non interessano solo alcuni Paesi. Allo stesso tempo, bisogna rimettere in discussione la mondializzazione neoliberale attuale, che ha causato orientamenti xenofobi e nazionalisti, i quali si presentano come difensori dei propri interessi conto la globalizzazione economica.
Alcune risposte al neoliberismo sono controproducenti. L’esempio più noto è quello di Donald Trump. Nel suo progetto presidenziale, da un lato si protegge contro le importazioni, bloccando il Trattato Transpacifico, dall’altro invece, favorisce il capitalismo finanziario, le multinazionali americane, le energie fossili ed il capitalismo verde; negando allo stesso tempo il cambiamento climatico e reprimendo le lotte sociali. Le risposte dell’Unione europea non si discostano molto. L’UE, infatti, impone all’Africa degli accordi di «partenariato» economico (APE) iniqui e maschera nella Politica Agricola Comune (PAC) strumenti di protezione e di dumping. Le critiche ufficiali – compreso quelle del Fondo Monetario Internazionale – ai difetti o agli eccessi della mondializzazione, il rinvio del progetto di trattato transatlantico – TTIP – (mentre il CETA è in corso di adozione), così come la riduzione degli scambi internazionali, ci mostrano che il quadro neoliberista attuale è senza fiato. Ma questa crisi del modello liberista non impedisce alle multinazionali di agire liberamente per i propri interessi: proteggendosi con brevetti e cercando di imporre tribunali arbitrali privati negli accordi commerciali.
I movimenti sociali lottano, in tutto il mondo, contro i progetti di trattato di “libero-scambio”, per la giustizia climatica, per la solidarietà internazionale, per la conquista di nuovi diritti per contadini(e) e per il rispetto dei diritti umani. Gli obbiettivi di queste lotte rispondono ai bisogni delle popolazioni vittime degli effetti della mondializzazione neoliberista. Siano nel campo dell’alimentazione, dell’ambiente, del reddito o del lavoro. Il punto centrale delle azioni dei movimenti sociali è la Sovranità Alimentare. Questo concetto rivendica il diritto delle popolazioni a decidere democraticamente della propria politica agricola e alimentare e mira ad un profondo cambiamento dei nostri sistemi alimentari.
La nostra risposta alla crescita dei nazionalismi e della xenofobia sta nel rafforzamento delle mobilitazioni ai quattro livelli (locale, nazionale, regionale, internazionale) che permetteranno la conquista progressiva della Sovranità Alimentare. La prima volta che venne rivendicata fu nel 1996 dal movimento contadino mondiale La Via Campesinai. La Sovranità Alimentare è “il diritto delle popolazioni, dei loro paesi o unioni, a definire la propria politica agricola e alimentare, senza dumping [o, meglio, senza pregiudizi] nei confronti degli altri paesi” (Via campesina, 2003). Essa “pone coloro che producono, trasformano e consumano un’alimentazione locale e sana, nel cuore dei sistemi e delle politiche alimentari e agricole […] al posto delle esigenze del mercato e delle transnazionali …“(Forum Nyéléni, 2007). E’ un’esigenza democratica che si oppone all’accumulo di potere e agli interessi delle aziende transnazionali. Ma non si tratta di un programma di chiusura: i movimenti sociali che rivendicano la Sovranità Alimentare esprimono una solidarietà transnazionale e non contestano il ruolo del commercio internazionale, anche se propongono una sua regolazione ed un riequilibrio fra commercio internazionale e rafforzamento dei sistemi alimentari locali.
La Sovranità Alimentare è un concetto che deve essere applicato al livello delle Agenzie delle Nazioni Unite, insieme ad un nuovo diritto commerciale internazionale. Questa complementarietà favorirebbe l’adozione a livello nazionale e regionale di politiche agricole adatte ai bisogni dei paesi in fatto di organizzazione di mercati e di appoggio alle agricolture sostenibili, favorendo pratiche alternative di produzione e di scambio.
La Sovranità Alimentare mira ad assicurare la sicurezza alimentare in buone condizioni, e non è autarchia:
- vuole mettere il commercio internazionale al posto giusto, dando la priorità all’alimentazione della popolazione, e non ai mercati;
- offre un nuovo quadro favorevole alle politiche di rilocalizzazione delle produzioni, all’Agroecologia, alla protezione ed all’accesso sostenibile alle risorse;
- permette di sviluppare sistemi alimentari che privilegiano la nutrizione, la salute, l’ambiente e adattati culturalmente.
Sul piano internazionale la Sovranità Alimentare risulta la base per passare da scambi attualmente egemonici – favoriti dalle regole dell’OMC – a profitto degli stati più potenti e delle società transnazionali, a scambi di tipo cooperativo, capaci di limitare vantaggi dei paesi in grado di abusare della loro situazione concorrenziale. Al dovere dei paesi di non nuocere alle economie agricole dei paesi terzi, deve corrispondere il diritto di mettere in atto reali protezioni – in particolare diritti di dogana e quote di importazione – giustificate sui piani economico, sociale ed ecologico.
Di fronte alla concentrazione globale del potere alimentare, è sempre più matura la presa di coscienza da parte di consumatori e cittadini, dei problemi e della propria capacità di azione. Le iniziative di rilocalizzazione alimentare si moltiplicano, ma rimangono fragili nel quadro delle politiche attuali. In questa battaglia per la Sovranità Alimentare, non si devono lasciare i contadini da soli. L’alimentazione è affare di tutti. Assieme, organizzazioni contadine e cittadine, istituzioni, enti di ricerca, appoggiandosi sulle riuscite locali di «transizione», dobbiamo proporre nuove regole, nuovi quadri per il commercio internazionale agricolo e per le politiche agricole e alimentari. E’ urgente. La prossima dichiarazione dell’ONU sui Diritti dei Contadini e delle persone che lavorano nel settore rurale e le anticipazioni nell’ambito del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale riguardo l’importanza dell’accesso ai mercati locali, nazionali e regionali per i piccoli produttori, dovrebbero costituire altrettanti punti di appoggio verso la Sovranità Alimentare.
Per le mobilitazioni che essa implica e per i suoi numerosi effetti, la conquista della Sovranità Alimentare costituisce una battaglia essenziale contro gli attuali rischi: per contrastare i nazionalismi, le ingiustizie, la xenofobia, per sostenere la salvaguardia e lo sviluppo dell’agricoltura contadina, per promuovere un’alimentazione nutritiva e sana, accessibile a tutti e per la protezione del pianeta.
Michel Buisson, Autore di “Conquérir la souveraineté alimentaire”, l’Harmattan, 2013.
Gérard Choplin, Autore di « Paysans mutins, paysans demain-Pour une autre politique agricole et alimentaire », Editions Yves Michel, in uscita a febbraio.
Priscilla Claeys, Senior Research Fellow in Food Sovereignty, Human Rights and Resilience, Centre for Agroecology, Water and Resilience (CAWR), Coventry University (UK).
Gustave Massiah, Autore di « Une stratégie altermondialiste » Editions La Découverte Paris 2011 ; Représentant du CRID au Conseil International du Forum Social Mondial.