Un passo verso il divieto di brevetti su piante e animali, ma la strada è ancora lunga

Finalmente, il 14 maggio scorso, la Commissione dell’Ufficio Europeo dei Brevetti[1] ha deciso che non sarà più possibile apporre brevetti su piante e animali derivanti da processi essenzialmente biologici[2], seppur con un limitato effetto retroattivo della decisione riguardante solo le domande di brevetto depositate dopo il mese di luglio 2017. Questo perché nel 2017 il Consiglio di Amministrazione dell’UEB – formato dagli Stati firmatari della Convenzione del 1973 che ha dato vita all’UEB – ha modificato il regolamento di esecuzione della Convenzione sul brevetto europeo, in risposta alle richieste del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione Europea. Da quel momento i prodotti ottenuti con procedimenti essenzialmente biologici non potevano più essere oggetto di brevetto.

I brevetti vengono giustificati come uno strumento per recuperare i costi della ricerca che porta all’innovazione e, quindi, hanno lo scopo di garantire che gli investimenti in questo campo siano sempre ripagati. Una volta che i brevetti vengono depositati e accettati, l’invenzione viene protetta e in cambio l’innovazione può essere oggetto di diffusione e utilizzo, inclusi i processi che hanno portato al brevetto. All’origine, i brevetti sono stati concepiti per prodotti industriali inanimati, ma il limite con i processi naturali si sta assottigliando sempre più.

Solamente negli ultimi anni il sistema dei brevetti ha incluso anche gli organismi viventi come i microorganismi, piante e animali, aprendo la complessa questione della brevettabilità di esseri viventi. In realtà, la legislazione europea riguardante i brevetti esclude di fatto le piante e gli animali risultanti da processi di selezione e di incrocio. Per questo motivo la brevettabilità degli esseri viventi è diventata materia di conflitto tra il Parlamento Europeo e l’Ufficio dei Brevetti Europei (UEB)[3] il quale – con le sue decisioni – ha reso possibile porre brevetti sulle piante risultanti dai processi cosiddetti “essenzialmente biologici”.[4]

In Unione Europea, generalmente, i brevetti riguardano principalmente gli organismi geneticamente modificati, ma alcuni organismi derivanti da processi di selezione convenzionale sono stati inseriti in questo gruppo. Il selezionatore è obbligato per legge ad indicare il processo con il quale può distinguere l’OGM da qualsiasi altro organismo vivente in natura oppure ottenuto da processi convenzionali. In ogni caso, se viene concesso un brevetto su un particolare carattere – come, per esempio, la resistenza a particolari virus o malattie – si applica anche su quelle piante che hanno lo stesso carattere ma sono il risultato di una selezione tradizionale.

Brevettare piante e animali derivati da processi essenzialmente biologici sarà quindi completamente proibito in Europa, ma le lacune giuridiche sono molte e lasciano ampi spazi a tentativi di raggiro e di indebolimento della decisione. Come si può dedurre il problema principale sta nell’attuazione delle scelte politiche e dell’attuazione delle leggi. L’UEB riconosce soprattutto l’autorità della decisione del suo Consiglio d’amministrazione, ossia degli attori e dei responsabili politici che sono membri della Convenzione sul brevetto europeo: la giurisprudenza deve essere conforme alle loro decisioni. La legge è il risultato di scelte politiche, il ruolo dei giudici è quello di applicarle e non di usarle per servire altri interessi. Questa situazione confusa sugli interessi e la separazione dei poteri all’interno dell’UEB è stata denunciata da molto tempo. Pertanto, tale decisione non risolve i problemi strutturali dell’UEB.

Questo verdetto è il risultato di una lunga disputa legale ancora aperta che vede contrapporsi l’industria delle biotecnologie, per cui i brevetti sono enormi fonti di guadagno, e i movimenti e le realtà impegnate nella difesa dell’agricoltura contadina, dell’ambiente e dei diritti legati all’alimentazione.

Come riportato nel comunicato stampa de il Coordinamento europeo via Campesina (ECVC), “La decisione della Commissione di ricorso allargata dell’UEB è un gradito passo avanti per il Coordinamento europeo via Campesina (ECVC), ma potrebbe diventare inutile se il campo di applicazione dei brevetti concessi per le informazioni genetiche di piante o animali geneticamente modificati può ancora essere esteso alle sementi e agli animali derivanti dall’allevamento e dalla selezione convenzionali.”

Questa decisione, nonostante ponga dei confini alla brevettazione, rischia di perdere efficacia nel caso in cui i brevetti concessi per le informazioni genetiche di piante o sementi o animali (DSI – digital sequence information)[5] geneticamente modificati potrà essere estesa a sementi e animali provenienti da incroci e allevamenti convenzionali.

Sono quindi necessarie regole e definizioni per i processi di manipolazione brevettabili e per i processi utilizzati nell’allevamento convenzionale che non devono poter essere oggetto di patenti o brevetti. Una volta brevettata una risorsa coloro che vorranno ricoltivarla o allevarla dovranno presentare domanda di utilizzo e pagare un prezzo unilateralmente deciso dal proprietario del brevetto.

Un’irresponsabile politica di brevettazione ha fatto sì che, negli ultimi anni, centinaia di varietà siano state oggetto di brevetti con conseguenze disastrose per la vita di migliaia di contadini, produttori di piccola scala e popolazioni indigene che hanno visto in molti casi sottrarsi risorse fondamentali per la propria sussistenza e per le proprie radici culturali, rendendo in alcuni casi addirittura illegale il proseguimento delle tradizionali attività produttive perché oggetto di patenti e brevetti.

La biopirateria da sempre trova rifugio in lacune giuridiche sapientemente utilizzate per scavalcare scelte politiche e calpestare i diritti delle popolazioni, sottraendo impropriamente risorse e usi ad esse connessi e rivendicando processi di evoluzione naturale come “invenzioni” dell’uomo.

Come ricorda inoltre ECVC, l’applicazione di brevetti su risorse naturali – vegetali o animali – si pone in contraddizione con i diritti dei contadini definiti nell’articolo 9 del Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura (ITPGRFA)[6] e con l’articolo 19 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Contadini e delle altre Persone che Lavorano nelle Aree Rurali (UNDROP)[7].

Sarà quindi fondamentale chiarire al più presto i limiti per il rilascio di brevetti sulle risorse vegetali e animali e, nel frattempo, potrebbe essere utile bloccare le attuali richieste di brevetto – anche prima del 2017, come per esempio il brevetto richiesto da Syngenta su una varietà di peperone che ha depositato la richiesta nel 2011 – in attesa di un’ulteriore e necessario intervento per proibire efficacemente l’applicazione di brevetti sulla natura e la sua evoluzione.

Autori: Stefano Mori, Mariapaola Boselli

Editing: Antonio Onorati

Web Content Editor: Marco Galluzzi


[1] Definizione di “brevetto industriale”. cfr Codice proprietà industriale . art 66. – http://www.uibm.gov.it/index.php/la-proprieta-industriale/scoprire-la-pi/il-codice-proprieta-industriale

[2] https://www.epo.org/law-practice/case-law-appeals/communications/2020/20200514.html

[3] La EPO è un’organizzazione internazionale europea, nata da una convenzione tra Stati. Nonostante ciò, non si applica a tutti gli Stati della Comunità Economica Europea, e nemmeno a tutti gli Stati europei. https://www.epo.org/

[4] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-9-2019-0042_IT.html

[5] http://www.fao.org/cgrfa/topics/digital-sequence-information/en/

[6] http://www.fao.org/3/a-i0510e.pdf

[7]https://www.geneva-academy.ch/joomlatools-files/docman-files/UN%20Declaration%20on%20the%20rights%20of%20peasants.pdf