di Antonio Onorati per Nuovo Paese Sera, rubrica #terrepubbliche
Non serve fare riferimento alla natura unica della città di Roma per giustificare il carattere particolare dell’agricoltura 2di Roma”. Il contesto attuale della crisi economica, sociale e ambientale, ne accresce ancora questo suo carattere unico. La città di Roma, con la quantità e qualità dei suoi consumi alimentari, ha un peso determinate non solo sull’agricoltura regionale , ma anche su quella nazionale. Così come l’occupazione di comparto pesa sull’insieme dell’occupazione agricola regionale e sull’occupazione totale. (consumi, import, etc). Con l’ospitalità che offre al CAR, uno dei più grandi mercati ortofrutticoli all’ingrosso d’Europa, viene subito proiettata a livello internazionale poiché questo mercato all’ingrosso è uno snodo del mercato globale agricolo e porta d’ingresso delle importazioni di prodotti agroalimentari in Italia ed in Europa,oltre che per Roma. E, in aggiunta, il carattere transazionale della Roma-agricola è testimoniato da LACTALIS, proprietaria della Centrale del latte, prima impresa lattiero-casearia del Pianeta.
E la terra per l’agricoltura? Il censimento dell’agricoltura del 2010 riporta, nella regione Lazio, la presenza di 342 aziende che gestiscono terre a carattere pubblico, di queste 150 sono Enti o Amministrazioni pubbliche, 127 sono enti o comuni che gestiscono proprietà collettive (Usi civici e Università agrarie) e 66 sono enti privati ma senza fini di lucro. Gestiscono circa 100.000 ettari di SAU, cioè di terre utilizzate per l’agricoltura, di cui solo circa 42.000 ettari sono sotto il controllo diretto di Enti o Amministrazioni Pubbliche e quindi, almeno teoricamente, sotto la disponibilità assoluta di questi enti che ne possono disporre liberamente per affidarle in concessione, in affitto o alienarle. Stiamo parlando di terre agricole pubbliche, ci sono poi, terre non classificate come agricole o non censite come aziende agricole, che appartengono comunque a pubbliche istituzioni (come caserme, aeroporti, terre di compensazione, etc) che possono essere aggiunte alla disponibilità (vedi il patrimonio trasferito con il federalismo fiscale) ma con estrema cautela per non creare facili aspettative che andrebbero rapidamente disattese per “motivi amministrativi”.
E questo vale in modo particolare per le terre che ricadono nel territorio del comune di Roma, di possibile uso agricolo o già gestite come aziende agricole, che – però – non necessariamente sono nella disponibilità del Comune (vedi il caso complesso delle proprietà regionali ex-Santo Spirito gestite dal comune) o di un altro ente pubblico. Aggiungiamo le terre di proprietà dell’ARSIAL (ente regionale) situate dentro il comune di Roma, un totale di 409 ettari, in parte concentrati in alcuni grossi appezzamenti (Mazzalupetto, La Castelluccia, Quarto degli Ebrei, etc). Ed infine non meno importante, sempre in Comune di Roma, ci sono le terre agricole private, la maggior parte di proprietà dei costruttori, non utilizzate o mal utilizzate che aspettano solo le migliaia di metri cubi di edilizia programmata o in via di realizzazione. La questione resta: come proteggere la possibilità che tutte queste terre restino agricole, diano un lavoro degno a chi vuole tornare ad essere proprietario della propria vita, e non delle terre, facendo un lavoro che si è scelto, quello del contadino.